Il vitigno è originario del casertano, con due varietà, uno a bacca bianca e uno a bacca nera, con grappoli piccoli e con acini perfettamente sferici, da cui il nome Pallagrello, cioè piccola palla, in dialetto locale “U Pallarel”. Nell’antica Roma, l’uva era conosciuta con il nome di “Pilleolata”. Famosissimo sino a tutto l’Ottocento, se ne traeva uno dei vini favoriti dai Borbone. Questi, che lo tenevano in gran conto, lo offrivano come regalo di pregio ai propri ospiti e lo includevano, con il nome di “Piedimonte rosso”, tra i vini presenti nei menu e nelle carte dei vini per le grandi occasioni, accanto ai più titolati vini francesi. In particolare fu un vino molto apprezzato da Ferdinando IV di Borbone che gli riservò un posto privilegiato nella sua Vigna del Ventaglio, preferendolo ai vini del Vesuvio. Il vitigno Pallagrello bianco è stato considerato a lungo come sinonimo della “Coda di volpe bianca”, anche se fin dall’800 alcuni studiosi avevano compreso che si trattava di due varietà distinte. Poco produttivo, molto delicato, il vitigno Pallagrello bianco è presente, in modo diffuso, nella sola provincia di Caserta e prevalentemente nei Comuni dell’area viticola Caiatino-Matesina. Le infestazioni di oidio e fillossera dei primi anni del Novecento, assieme alla decadenza sociale e politica delle regioni meridionali, ne decretarono una veloce scomparsa ed un sostanziale oblio nonostante le indubbie qualità ampelografiche. Dalla metà degli anni novanta è iniziata un’operazione di promozione e di valorizzazione anche a scopo commerciale.

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